Il territorio di Segusino occupa una valle del Cesen che dai 1.400 metri di quota arriva al Piave. 1.200 metri più in basso. Segusino appartiene alla Diocesi di Padova, città che nel medioevo sfruttò questi monti per l’allevamento delle pecore. Un territorio povero che nell’Ottocento vide un’emigrazione in massa, in particolare verso il Messico. Poi arrivò la Prima Guerra Mondiale. Qui finiva l’Austriaungheria. Dopo Caporetto gli uomini passarono il Piave, la popolazione venne sfollata a Fregona e chi rimase subì le angherie dell’invasore e anche i bombardamenti dell’esercito italiano. Dopo la guerra Iniziò la ricostruzione: dei paesi e della memoria del conflitto. Bisognava ricucire le ferite di un’intera società civile, elaborare i lutti familiari, così diffusi da essere sia privati che collettivi.
I tanti monumenti presenti nel territorio italiano sono parte di questo lungo percorso che ha delle tappe precise. L’ultima è quella più spettacolare: tra il 1927 e il 1939 un’apposita Commissione nazionale realizzò a ridosso dei luoghi delle battaglie i grandi sacrari. Ricordiamo Redipuglia e i più vicini a Cima Grappa e Nervesa. Luoghi solenni, esageratamente fuori scala, che stravolsero il territorio come veri interventi di land art, trasmettono profonde emozioni e le idee nazionalistiche del Fascismo.
La tappa precedente si era avviata nel 1923: ogni comune capoluogo doveva avere un proprio monumento. Ma nei luoghi più legati alla guerra i primi monumenti erano sorti già nel 1919. Lapidi con elenchi di nomi, cippi, armi, a comporre monumenti grandi e piccoli che nelle scelte figurative si affidavano all’iconografia sacra, a quella militare o a quella della Classicità.
E’ in questo contesto che si colloca anche questo monumento inaugurato il 20 novembre del 1921 e che ha come segno forte un obelisco. Un oggetto che arriva dall’antico Egitto, ma è parte della nostra tradizione, collega la terra e il cielo, è segno di immortalità, ciò che si invoca anche per i caduti in guerra. La lanterna sommitale tiene alta la luce, il valore del loro sacrificio. Ci sono i loro nomi incisi sulla lapide, una lunga iscrizione commemorativa, il brano del bollettino del 29 ottobre che, nei giorni della Battaglia di Vittorio Veneto, ricorda la liberazione di Segusino. Poi vennero aggiunti i nomi dei caduti della Seconda Guerra Mondiale. Sulla base è collocato un rilievo in marmo bianco. L’artista ci parla della guerra attraverso la delicatezza di tre donne. Al centro vi è Patria che sostiene la Madre e la Vedova che chinano il capo in segno di accettazione del sacrificio.
E’ opera dello scultore veronese Giulio Nordio, combattente e mutilato di quella guerra, che ha realizzato in Veneto una decina di monumenti. Un’immagine simile è presente anche nel monumento di Pesina di Caprino Veronese. Sono donne che non ricordano le vere madri dei soldati, ma le trasformano in eleganti figure di gusto classico, forti per poter sopportare questo dolore. I volti e i panneggi rinviano alla perfezione dell’arte greca. Ma nella forma di questo rilievo possiamo scorgere anche una croce e nei panneggi le acque del Piave. Sacro alla Patria.
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Le memorie della Grande Guerra:
- Conegliano, il Monumento ai Caduti
- Moriago della Battaglia, l’Isola dei Morti
- Sernaglia della Battaglia, il Monumento ai Caduti
- Vittorio Veneto, il Museo della Battaglia
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