San Fior

 

Tiziano lasciò il Cadore quando aveva meno di 10 anni. Visse a Venezia, dapprima nella zona dei Frari e dal 1530 a Cannaregio. La sua bottega era in una casa affacciata sul Rio dei Biri. Qui dipinse le opere della maturità e in quella casa morì di peste nel 1576.

 

Esiste un’altra casa che si lega a Tiziano. Si tratta di un edificio signorile col tetto in scandole nel centro di Pieve di Cadore: è la casa della famiglia Vecellio che dal 1922 è monumento nazionale. Ma tra queste colline, che collegano la pianura trevigiana alle Prealpi, c’è l’unica casa che Tiziano ha costruito per sé. Stiamo parlando di villa Fabris che occupa il Col di Manza, nel comune di Colle Umberto.

 

Un edificio che, seppure trasformato, potremmo definire un’elegante casa colonica o una sobria villa padronale.

I documenti ci svelano che venne eretta grazie ad un baratto. In cambio di materiali e manodopera, Tiziano realizzò un trittico per l’altare maggiore della pieve di San Pietro di Castello Roganzuolo, oggi frazione del Comune di San Fior. Siamo nel 1543 e per i sei anni successivi si registrano forniture di travi, mattoni, coppi, calce e anche vino per gli operai che lavorano qui e da portare a Venezia. L’impegno per la piccola comunità di Castello è davvero grande, ma non si può perdere l’occasione di avere un’opera dell’artista veneziano più famoso del momento, che negli stessi anni dipinge per papa Paolo III Farnese e per l’imperatore Carlo V d’Asburgo. Le tre tele verranno collocate entro una grande cornice dorata e poste nel presbiterio della Pieve. Copriranno i bellissimi affreschi di Francesco Da Milano terminati solo dieci anni prima. Un segno tangibile dell’importanza che quest’opera ha nei secoli conservato per la comunità di Castello Roganzuolo ci viene dai giorni più tragici della Grande Guerra. Siamo nell’autunno del 1917, nei giorni dopo Caporetto. Gli austriaci cercano il trittico, vogliono forse arricchire con questa importante opera di Tiziano i musei di Vienna. Ma per la comunità è un simbolo, un bene importante e il parroco ha nascosto le tele e preferisce andare in prigione piuttosto che rivelare il nascondiglio. L’opera si salva, però l’acqua che per mesi è penetrata dal tetto della soffitta dov’era nascosta, l’ha danneggiata.

 

Oggi è possibile ammirare le tre tele al Museo Diocesano d’Arte Sacra “Albino Luciani” di Vittorio Veneto e osservare con rispetto anche quei segni che la guerra ha indirettamente inflitto.

Uscito dalla Pieve di Castello Roganzuolo Tiziano poteva gustarsi due panorami bellissimi. Verso sud l’occhio si perdeva sulla pianura trevigiana scorgendo, in lontananza, anche i riflessi della Laguna di Venezia. Verso nord, oltrepassata la sua casa sul Col di Manza, lo sguardo si allargava ad abbracciare un susseguirsi di colline e l’allinearsi delle dorsali prealpina. Un panorama fatto di stratificazioni, dove colori intensi si alternano a luminosità calde, creando atmosfere leggere o cariche di umidità: quei paesaggi così veri che scopriamo nei suoi dipinti.

 

 

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I Vecellio:

  • Duomo di Serravalle 
  • Arcipretale di Tarzo
  • Arcipretale di Fregona
  • Museo diocesano d’arte sacra a Vittorio Veneto

 

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