Mareno di Piave

MARENO DI PIAVE

Squarcio di cielo con girotondo di sguardi

 

Conegliano non ha dato i natali soltanto al grande Giovan Battista Cima. Forse proprio in quel 1492, mentre l’esimio pittore si accinge ad abbozzare la Sacra Conversazione, viene alla luce Francesco Beccaruzzi.

 

La pala del Cima è destinata alla chiesa di Santa Maria dei Battuti a Conegliano e chissà quante volte Francesco, fin da bambino, avrà rivolto il suo sguardo a quell’opera monumentale, dall’intenso profumo veneziano, popolata di santi al cospetto di Maria e del suo Bambino! Certo, quando cresce e scopre via via il suo talento, i tempi sono cambiati. Egli guarda ormai alle novità apportate in pittura dalla lezione di Tiziano. Ma l’attaccamento verso un’opera così dirompente non verrà meno.

 

Instancabile osservatore, Francesco ama i paesaggi, ma anche il ritratto, in particolare dagli anni Trenta in poi. E’ un artista maturo ed ha appena realizzato la pala dell’Assunzione della Vergine per il duomo di Valdobbiadene quando, intorno al 1545, dipinge quest’opera per la chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo a Mareno di Piave.

 

Impiega una tavolozza brillante e sapientemente orchestrata, creando sensazioni visive, tattili e sonore: 

brezza mattutina…svolazzare di ali…cori celesti…tintinnare di chiavi…parole bisbigliate…

E’ un’immagine da ascoltare. In silenzio. E il movimento che la anima si fa narrazione. E’ l’alba. Un fresco biancore pervade il paesaggio. Dal prato fiorito del primo piano al susseguirsi di colline, alla città turrita lambita dal fiume, fino alle montagne in lontananza che l’aria umida colora di un morbido azzurro. E’ una natura reale e abitata questa. Ma ecco che il cielo si squarcia e si scorgono schiere di cherubini infuocati di luce, che accompagnano Maria e il Bambino in gloria. Angeli, come pagetti, sostengono la corona regale e il manto di lei.

 

Saldi a terra si ergono i sei santi. I volti fortemente caratterizzati, le vesti descritte con cura. Raggruppati ai lati della composizione, paiono conversare, a due a due: Giovanni Battista si rivolge a Caterina d’Alessandria, Paolo a Sebastiano, Rocco scruta Pietro che, come in un passo di danza, compie una torsione, pronto per la solenne consegna che Gesù gli ha riservato. La cordella con le chiavi, il braccio destro di Pietro e la spada trattenuta da Paolo creano un’asse ideale al centro del dipinto. E’ un espediente che l’artista mette in atto per invitare lo sguardo a scorrere fluidamente dal basso verso l’alto, dalla terra verso il cielo. Ad una colonna spezzata fa da contrappunto il tronco su cui è legato Sebastiano: da un lato rovine di un mondo finito per sempre, dall’altro una pianta mozzata con violenza ma pronta a dare nuovi frutti. E’ il senso stesso del martirio.

 

Nel grande dipinto di Mareno di Piave, Francesco Beccaruzzi condensa in modo originale suggestioni le più diverse, segno della sua ampia cultura figurativa. I sei santi, raggruppati a tre a tre ai lati della composizione sono un chiaro riferimento alla Sacra Conversazione di Cima da Conegliano che gli era così familiare. L’impianto compositivo e la luminosa figura di san Sebastiano rimandano a Tiziano. San Paolo riprende Palma il Vecchio, San Rocco il Savoldo.

 

La pala oggi è priva del suo altare. La si scorge in alto, al di sopra dell’organo, in questa chiesa che nel tempo è stata ingrandita. Ma andrebbe gustata da vicino, immaginata in quel piccolo, grazioso edificio originario, di cui la porzione sinistra dell’aula ancor oggi suggerisce le dimensioni e i pregevoli affreschi.

 

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Cerchiamo Francesco Beccaruzzi:

  • … nel duomo di Valdobbiadene
  • … nel duomo di Conegliano
  • … nell’arcipretale di Farra di Soligo
  • … nel santuario della Madonna delle Grazie a Conegliano

 

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