Dal 2019 questo territorio è un Patrimonio dell’Umanità. L’UNESCO ne ha certificato l’unicità. Il paesaggio a mosaico, l’eroica viticoltura sulle dorsali hogback e i ciglioni inerbiti sono i caratteri specifici che osserviamo nella core zone. Ma è l’intreccio tra ambiente, storia e società, a rendere davvero unico l’intero territorio. Si tratta di un paesaggio che è stato modellato dalle straordinarie forze della natura e dall’incrollabile tenacia dell’uomo che ha creato spazi per l’agricoltura e segni di bellezza.
Se lasciamo vagare lo sguardo a 360 gradi individuiamo strade, campi, boschetti e i paesi che riconosciamo dai campanili. Alcuni hanno una forma a torre merlata, altri evocano architetture asburgiche, qualcuno è incredibilmente alto e snello. Come enormi spilli che trapuntano una stoffa abbondante, morbidamente adagiata, danno senso alle alture, raccontano la storia e le loro storie. Definiscono il territorio.
Quello di Colle Umberto è posto sulla sommità di una dorsale collinare così riconoscibile che il paese più grande che vi è sorto è stato chiamato semplicemente Colle. Dalla sua cella cerchiamo i dieci borghi che lo costituiscono, le ville padronali che ne raccontano la fortuna agricola, immaginiamo le dimensioni dell’antica abbazia di San Pietro fondata quasi mille anni fa di cui resta solo l’attuale municipio. La costruzione del campanile si lega a quella della chiesa che gli sorge accanto, dedicata all’apostolo Tommaso e documentata quantomeno dal 1225. Nel 1804 arriva a Colle un nuovo arciprete, Mons. Giampaolo Malanotti, un uomo di cultura, energico e coraggioso. La chiesa esistente è troppo piccola e poco decorosa. Subito si avvia una capillare raccolta fondi: un anno dopo si posa la prima pietra e nel 1809 la costruzione è conclusa. Ma il nuovo edificio deve avere un adeguato campanile. Quella che sarà chiamata Torre Malanotti, perché pagata di tasca propria dal citato arciprete, viene edificata dal 1810 su progetto dell’architetto e pittore feltrino Sebastiano De Boni, lo stesso cui spetta la chiesa.
Ma la natura a volte fa sentire la propria potenza distruttrice: nel 1812 una scossa di terremoto danneggia la chiesa. E nel 1815 un altro disastro: il campanile, praticamente ultimato, improvvisamente collassa. Un crollo statico che abbatte anche la chiesa dell’Abbazia di San Pietro che ancora esisteva poco più a monte. Ma gli abitanti di Colle, capeggiati dal loro arciprete, non si scoraggiano: tra il 1816 e il 1821 il campanile viene ricostruito e nel 1914 venne realizzata l’attuale cupola con lastre di piombo e sfera apicale che rende l’intera struttura più svettante. Sulla cella ci sono fori di pallottole e le campane sono state rifuse dopo l’asportazione austroungarica: la Storia della Grande Guerra è passata di qua.
Alto 41 metri, il fusto è caratterizzato dalla bicromia che alterna conci in pietra bianca e mattoni, la cella è aperta e il rialzo è ottagonale. Osserviamo la cella: le sue eleganti bifore, le lesene sporgenti, l’alternarsi di triglifi, i balaustri sagomati, le modanature e le chiavi di volta sono tutti elementi del lessico neoclassico. Dall’interno si ammira l’originaria scala in legno che conduce alla cella: qui un’iscrizione documenta le costruzioni e ricorda che nel 1902, mentre a Colle ci si occupava del consolidamento con la creazione dell’attuale ampio basamento, a Venezia crollò il Campanile di San Marco.
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Monasteri e conventi disegnano il territorio:
- L’abbazia cistercense di Follina
- L’ex convento carmelitano a Serravalle
- L’ex convento francescano a Conegliano
- L’abbazia benedettina di Vidor
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